Fra “Vouivre”, tellurismo, Vergini nere e geografia sacra

Le Vouivre sono, nella mitologia e nel folclore medievali, entità femminili dalla natura serpentiforme, legate alla dimensione tellurica e alla fecondità. Nella prospettiva tradizionale, esse rappresentano forze sottili della Natura, connesse a una sapienza premoderna che riconosceva l’esistenza di particolari «energie» (da ενέργεια in greco antico, col significato di “forza capace di agire”, “attività”) radicate nella terra. Melusina è una delle loro personificazioni più note.

I luoghi ad esse associati corrisponderebbero a «centri di potenza», ovvero a «nodi geomantici» o «linee di forza naturale», percepiti nell’antichità come punti di comunicazione tra i diversi piani della realtà. Tali luoghi erano impiegati per scopi rituali e spirituali, e non a caso in epoca cristiana sono stati spesso riconvertiti al culto delle Vergini Nere, che assorbe e riorienta il simbolismo originario in chiave cristiana.

Nel mondo tradizionale l’ubicazione di templi, città e luoghi sacri doveva rispondere a princìpi cosmologici precisi. La connessione tra «Terra» e «Cielo» non era metaforica, ma strutturale. Sacerdoti e costruttori, secondo la «scienza sacra», edificavano tali luoghi in modo da conformarli all’Ordine universale, per trarne positivi influssi.

Il mistero delle cattedrali e dei santuari medievali è, ad esempio, profondamente legato a un’antica conoscenza delle “energie” del territorio, tramandata attraverso simboli, architettura e culto. I costruttori medievali – dai Maestri Comacini ai monaci Cistercensi e ai Templari – sceglievano con cura i luoghi in cui edificare. Tali luoghi erano attraversati da correnti sotterranee di “energia”, le cosiddette vene del drago o Vouivre, da intendersi come forze telluriche vive, considerate capaci di influenzare l’uomo e le attività terrestri.

La Vouivre, o Wouivre, nel simbolismo gallico, era un serpente sacro che rappresentava le «correnti della terra», le falde acquifere sotterranee, ma anche la “potenza” che scaturisce da esse. Queste energie si manifestavano in punti particolari del territorio, i cosiddetti «luoghi alti». Qui, gli antichi popoli europei erigevano pietre sacre come i menhir, mentre nel Medioevo si costruivano cattedrali, spesso dedicate a Maria – ultimo volto della Dea Madre – rappresentata sovente come Vergine Nera nelle cripte (come nel caso della “Notre-Dame de Sous-Terre” di Chartres). Questi luoghi non erano da ritenersi semplicemente come centri devozionali, ma come veri e propri “ricettacoli”. L’architettura sacra era pensata per captare e canalizzare le forze telluriche e celesti. I simboli scolpiti – sirene bifide, draghi, colonne ofitiche – erano chiavi di lettura esoteriche di questa sapienza, in cui le forze sotterranee (il drago o serpente) non dovevano essere annientate ma domate, integrate e trasfigurate, come mostra, ad esempio, l’iconografia di San Michele[1] e San Giorgio che trafiggono il drago o ammansiscono lo stesso.

In questo contesto si potrebbe istituire un parallelo con quanto Plutarco descrive a proposito dell’oracolo di Delfi[2]. Egli, da sacerdote del tempio, sottolinea che l’autenticità dell’oracolo non derivasse solo dalle qualità della Pizia o dai riti che vi si officiavano, ma dalla qualità unica del luogo: una fenditura nella terra da cui fuoriusciva un “soffio sacro” (pneuma). Non tutti i luoghi, secondo Plutarco, emettono esalazioni di questo tipo, ed era propriamente la presenza di quel “respiro tellurico” che rendeva Delfi un punto privilegiato di connessione tra umano e divino. Senza di esso, il tempio stesso sarebbe stato inutile. A tal proposito, è molto interessante come la leggenda narri che, prima che divenisse una delle dimore di Apollo, a Delfi risiedesse il serpente-drago Pitone, simboleggiando quest’ultimo la materia indistinta primordiale e le forze telluriche.

Un simile ordine di idee è assimilabile a quello su cui si fondano i santuari medievali: non si costruiva infatti ovunque, ma solo dove il territorio sembrava dotato di un’energia particolare capace di salire in superficie e passibile di essere “agganciata” e “incanalata” dall’azione umana. Come a Delfi, anche nelle cattedrali, il senso del «sacro» nasceva dalle qualità del luogo stesso, da vedersi come un punto di convergenza tra le forze telluriche e spirituali, tra la materia oscura della Terra (la Mater Nigra) e la luce spirituale del Cielo.

Elemento costitutivo fondamentale di questi luoghi è la presenza di acqua sotterranea, spesso canalizzata artificialmente. Essa rappresenta un vettore di energia cosmo-tellurica e di «informazione». Senza acqua non vi è solo assenza di vita biologica, ma anche impossibilità di attivare le dinamiche energetiche sottili che rendono un luogo “vivo” dal punto di vista spirituale.

In epoca medievale, ordini come i Templari e i Cistercensi furono tra i principali custodi di saperi antichi legati alla sacralità del territorio. Le loro fondazioni non sorsero casualmente, ma vennero spesso edificate su siti preesistenti – antichi luoghi pagani, in genere druidici o romani – già noti per le loro particolari qualità geomantiche. In tutta Europa, abbazie benedettine e commende templarie ospitano icone e statue di Vergini Nere, a testimonianza di una continuità simbolica che precede l’era cristiana e che affonda le radici in un sapere tradizionale volto a riconoscere e consacrare i «centri spirituali» della terra.

L’architettura sacra medievale, in particolare quella delle cattedrali, si svilupperebbe su precise conoscenze geomantiche.

Le correnti sotterranee, analoghe ai «meridiani terrestri» di cui parla la tradizione cinese, sono state utilizzate consapevolmente dai Maestri d’Opera medievali per determinare la posizione delle costruzioni sacre. Tali correnti, associate simbolicamente al serpente o al drago, veicolano energie che interagiscono con la struttura architettonica, rendendo la cattedrale non solo un centro liturgico ma una “macchina energetico-spirituale” operativa.

Numerose sono le cattedrali europee, da nord a sud del continente,  in cui è documentata la presenza di statue di Madonne Nere, collocate in luoghi ad alta intensità. Dal punto di vista iconografico, queste Madonne presentano caratteristiche costanti: sono scolpite in legno di cedro, materiale resistente alla degradazione biologica, simbolo di incorruttibilità e trascendenza. La Vergine è raffigurata in posizione solenne, assisa su un trono, e tiene in grembo il Bambino – immagine del Logos – che benedice con una mano e con l’altra regge il «globo del mondo» o un libro chiuso, allusione alla Sapienza misterica. In alcune rappresentazioni, le mani della Madonna sono sovradimensionate, ad indicare simbolicamente la trasmissione di potere o la protezione accordata in questi luoghi. Le origini di queste immagini vanno ricercate in una complessa stratificazione cultuale. Esse derivano da una sovrapposizione tra la figura cristiana della Vergine e divinità arcaiche della fertilità e della sapienza, come Iside nel contesto egizio o Artemide e Cibele in contesto greco-romano. Dopo il Concilio di Efeso[3] (431 d.C.), la figura della Theotókos (Θεοτόκος in greco, ossia “Madre di Dio”) fu formalmente integrata nel dogma cristiano, ma mantenne – nelle rappresentazioni tanto popolari quanto simbolico-sapienziali – molti elementi propri del culto della Grande Madre.

Il simbolismo della Madre Terra – oscura e fertile – non rimane tuttavia legato all’elemento ctonio. Esso si presenta anche una dimensione ascensionale: la Mater Nigra, che rappresenta la materia prima, la sostanza generatrice (la Prakṛti hindu), ascende al cielo e si sublima nella figura di Maria Assunta[4]. Questo passaggio dalla dimensione tellurica a quella celeste rappresenta una trasmutazione del «principio femminile»: dalla potenza generativa della Terra alla gloria spirituale del Cielo. In termini simbolici, ciò indica il completamento di un ciclo di elevazione, in cui la materia è redenta e riunita al principio divino.

Madonne Nere sono state frequentemente rinvenute in contesti naturali o rituali ad alta valenza tellurica[5]: grotte, sorgenti, fiumi, pozzi, campi arati, arbusti spinosi. Molti di questi siti coincidono con antichi luoghi di culto pagani, e i ritrovamenti sono spesso accompagnati da racconti di miracoli: resurrezione di neonati nati morti, salvataggi in mare (tópos molto presente nel cristianesimo, ma rinvenibile anche nella figura della «barca di Iside», il cui simbolismo si può addirittura rinvenire nello stemma della Citta di Parigi – da “Par-Isis”, o “Bar-Isis”, «barca» o «bara» di Iside –: una imbarcazione e il motto: Fluctuat nec mergitur). Tali narrazioni sono da considerarsi come espressioni simboliche delle funzioni spirituali attive in questi luoghi, e dei processi di rigenerazione a cui esse rimandano.

Questo sapere si fondava su una visione integrale in cui geografia, astronomia e teologia formavano un sistema unitario e coerente. Le cosiddette “linee sacre” (Heilige Linien), identificate in epoca moderna da studiosi come Wilhelm Teudt, riflettono proprio questa concezione: la collocazione dei luoghi sacri non era casuale, ma rispecchiava un ordine superiore, rifletteva un legame tra la disposizione dei siti sulla terra e principi cosmici.

Tuttavia, l’approccio moderno a questi temi ha spesso mancato di coglierne la reale portata. I cosiddetti ley hunters, appassionati studiosi ma privi di una solida formazione simbolica e metafisica, hanno interpretato tali strutture di volta in volta secondo criteri empirici o addirittura pseudoscientifici, mancando di individuare il loro significato più profondo. È il caso della teoria delle ley lines formulata da Alfred Watkins negli anni ’20, che riduceva questi allineamenti a mere vie commerciali tracciate per motivi pratici, ignorando la dimensione sacrale e cosmologica a base della loro origine. Negli anni ’60, in un contesto culturale ormai ampiamente desacralizzato, il movimento dell’ Earth Mysteries tentò di recuperare il senso perduto di questi antichi tracciati. Tuttavia, l’assenza di un riferimento a un principio ordinatore superiore – ciò che René Guénon definiva il «Centro» – e l’approccio sincretico e spesso confuso di autori come John Michell compromisero la solidità di questo tentativo. La rielaborazione delle ley lines in chiave extraterrestre o esoterico-fantastica, priva di fondamenti dottrinali autentici, finì per svuotare ulteriormente questi concetti del loro senso originario. Il declino del movimento negli anni ’90 e la chiusura della rivista The Ley Hunter segnano simbolicamente il fallimento di una ricerca che, priva di radici nella Tradizione, non poteva che restare incompiuta, in quanto priva di una chiave di lettura più ampia.

Tuttavia, la persistenza dell’interesse per questi temi in ambiti neopagani o esoterici contemporanei dimostra il permanere di una intuizione confusa ma vivida sull’esistenza di un misterioso reticolato di correnti energetico-spirituali nelle profondità terresti.

Giovanni Balducci


[1] Il ruolo dell’Arcangelo è evidenziato nel calendario religioso che in molta parte riflette il ciclo della natura. L’equinozio d’autunno (22-23 settembre) segna l’inizio del buio e del declino della luce solare. In questo periodo si celebra San Michele (29 settembre), simbolo di trasformazione e protezione contro le forze oscure, e perciò raffigurato mentre trafigge un drago, che rappresenta il caos e le energie telluriche. Secondo alcuni studiosi, tra cui Maurice Guignaud e Louis Charpentier, le chiese a lui dedicate sorgono inoltre in luoghi con caratteristiche simili a quelli delle Madonne Nere, ma con la funzione specifica di contenere e armonizzare le energie disordinate tipiche dei cambiamenti stagionali.

[2] Cfr. Plutarco, “Il tramonto degli oracoli”, in Id., Dialoghi delfici, Adelphi, Milano 1983, pp. 121-123.

[3] Guarda caso Efeso fu nota nell’antichità per il suo imponente tempio dedicato ad Artemide. Inoltre, secondo la tradizione cristiana, Giovanni l’Evangelista visse a Efeso e anche Maria, madre di Gesù, vi si sarebbe stabilita sotto la protezione dell’apostolo.

[4] Non è un caso se, ad esempio, una delle più note raffigurazioni della Vergine Nera, quella di Częstochowa, si celebri il 15 agosto, giorno dell’Assunta.

[5] Si pensi anche in tal senso al culto di due Vergini Odigitrie (dal greco Οδηγήτρια, “Colei che indica la via”) come la Madonna dello Sterpeto e la Madonna di Ripalta,  immagini mariane medievali molto venerate in Puglia. L’icona della Madonna dello Sterpeto fu ritrovata tra gli sterpi nei pressi di Barletta durante un’epidemia di peste, e da allora è considerata protettrice contro malattie e calamità. Quella della Madonna di Ripalta, rinvenuta galleggiante nel fiume Ofanto vicino Cerignola, è associata alla protezione dai pericoli delle acque e alla guarigione delle infermità.

2 risposte a “Fra “Vouivre”, tellurismo, Vergini nere e geografia sacra”

  1. Terribilis est locus histe….questa iscrizione si trova nei luoghi di culto di San Michele….ma non sempre visibile a tutti….lo scrivono in alto dove non casca l’occhio

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